- Storia:
Apice: vecchio o nuovo? È la domanda che perfino google maps ti chiede nel momento in cui digiti il nome del paese sannita.
Il vecchio lo trovi arroccato sulla punta di una valle, sembra un dipinto dimenticato dal tempo, dove la natura incornicia le case abbandonate durante il terremoto e il cielo ne illumina i colori e le finestre aperte su un tempo sospeso. Un luogo rimasto caro nei ricordi degli abitanti che a sentirli raccontare sembrano aver congelato tra le vie del borgo tutte le emozioni preziose di un tempo di relazioni autentiche e famigliari. Vicoli semplici, dai confini inesistenti, di sedie condivise e piatti unici ma ricchi di relazioni, dove la famiglia era composta da tutti gli abitanti del quartiere, dove le stradine erano un continuo vociferare di bambini e persone; un posto in cui non ti sentivi mai solo, discriminato, inferiore, neppure rispetto ai “signori” per i quali facevi il bracciante.
Un luogo che ha subito le sorti di due eventi sismici importanti, il terremoto del ’62 e quello dell’80. Mano a mano il paese si è svuotato, anche se alcuni nostalgici non si sono mossi dal vecchio borgo, come il vecchio sindaco Bocchino e il barbiere Conza, che continua ad avere il suo salone nel vecchio centro storico. Oggi Apice vecchia è stata rivalutata, a partire dal castello dell’Ettore di età normanna.
Il Castello d’Ettore, solenne nella sua conformazione a conchiglia, con le sue torri e porte d’ingresso. Ricco di sotterranei adibiti a segrete, prigioni e cantine, che arrivano fino al fiume e che durante le guerre fungevano da rifugio per la popolazione e per i militari. L’edificio ha un’architettura tipicamente medievale anche se nel corso degli anni ha avuto vari ritocchi e ristrutturazioni. La corte interna oggi è animata da scenografiche architetture ed una suggestiva scalinata esterna che permette l’accesso alle terrazze del castello, luoghi in cui è possibile ammirare dei panorami bellissimi dove lo sguardo, nei giorni sereni, accarezza i paesi irpini e ricalca il profilo della “Dormiente del Sannio (piccola catena montuosa che sembra disegnare il profilo di una donna coricata). Il castello nel periodo dell’avvento si veste della magia del Natale diventando location d’eccezione dei nostri mercatini natalizi.
Una parte del borgo è stata ristrutturata e diverse attività ricettive rendono calorosa l’accoglienza dei visitatori, scaldandone il sonno e la pancia.
- La nostra Pro Loco:
La pro loco di Apice, insieme ai giovani del forum, organizzano visite guidate all’interno del paese abbandonato, orientando i visitatori lungo i percorsi della storia e della memoria.
Passeggiando nel Borgo vecchio ci accoglie il silenzio mistico delle case lasciate di fretta e furia, molte delle quali hanno ancora dentro i mobili, le tende e le pentole appese ai muri. Calcinacci, fotografie impolverate, affreschi e vecchie insegne rendono suggestivo e malinconico il borgo. Oggi molti definiscono Apice Vecchia “città fantasma”. Di fantasmagorico c’è la realtà che sembra combattere contro l’oblio.
Ultimamente è divenuta meta di curiosi, fotografi, registi cinematografici, come Pippo Mezzapesa che ha girato il film “il Bene Mio” presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2018.
Difronte al vecchio borgo si staglia la collina di S. Lucia in cui sorgono varie oasi religiose. Prima fra tutte il convento di San Antonio da Padova, custode di una tela miracolosa che raffigura il Santo padovano che di passaggio nel paese. a causa di una brutta febbre, fu accolto da una nobile famiglia locale. Ogni anno la tradizione della “Tredicina”, a partire dal primo di giugno, vede le strade della collina riempirsi di gente che, all’alba, a piedi si incammina verso la chiesa per portare omaggio al Santo.
Si narra che un altro Santo famoso abbia soggiornato su quella collina: San Francesco di Assisi fermatosi durante un suo viaggio verso il Gargano. Memore di questa visita c’è un convento a lui dedicato, purtroppo in questo momento in rovina. Si narra che all’avvento del Santo di Assisi Apice vivesse un periodo di forte siccità e San Francesco fece sgorgare acqua da una roccia in cui, ancora oggi, sono impresse le dita del Santo e dai cui sorge, tutt’ora, acqua in memoria dell’antico prodigio che liberò il paese da quella aridità che lo aveva impoverito.
Da quel periodo i terreni apicesi si raccontano essere stati rigogliosi, abbondanti nei loro famosi ortaggi, oliveti e vigneti, che riempiono le tavole di buona parte del Sannio. Diversi agricoltori della zona si dedicano al biologico offrendo prodotti di qualità dalle caratteriste organolettiche eccellenti.
Miscano, Ufita e Calore, sono i tre fiumi, un tempo navigabili, che solcano il territorio rendendo fertili e speciali le nostre terre. Due strade storiche: la Numincia e la Appia sono il sigillo dell’importante centro di sviluppo economico e sociale che ha dato prestigio ad Apice a partire dal periodo Sannita/Romano.
Ed è dal tempo dei romani, in special modo dall’età di Traiano che resiste il ponte Appiano soprannominato Ponte Rotto nelle carte topografiche. Un ponte che permetteva ai viandanti della via Appia di attraversare il fiume Calore. Sono rimasti solo tre piloni che sul loro andamento a schiena d’asino hanno visto passare i più grandi traffici commerciali e cultuali che dall’ Oriente arrivavano a Roma. Ancora oggi sui resti del ponte è possibile ammirare cornici decorate in laterizio e mensole in calcare.
Tutt’intorno al ponte, ai tempi dei Romani il panorama non doveva essere molto diverso da quello attuale: terreni arati e piantagioni di grano sottolineano la maestosità dell’opera. Di certo buona parte di quei campi un tempo erano immersi nell’acqua, dato che il ponte originalmente era composto di ben otto piloni.
Il nuovo centro osserva tutte queste meraviglie: moderno, con case preziose e bei giardini, parchi, ville comunali, impianti sportivi, un paese in cui è comodo e sostenibile vivere, dove le persone sono accoglienti e ben disposte. Il mercato domenicale è ormai famoso, persone dalle diverse provincie si affacciano lungo i viale dove sono predisposte le bancarelle che espongono le loro merci provenienti anche da fuori regione.
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